I “termini ombrello” del vino moderno 

Agosto 26, 2019

NB: se sei capitato su questo articolo cercando di approfondire seriamente il “discorso dei termini ombrello” come Eco li intendeva, allora mi dispiace, sei nel posto sbagliato. Queste sono solo poche righe avvinazzare che non ti aiuteranno a capire niente sul concetto di “termine ombrello”. Però se hai googlato “termine ombrello” probabilmente stai studiando o approfondendo qualcosa di tosto (ci sono passato anch’io) allora fai una roba, non perdere tempo a leggere questo delirio ma, già che sei qui, comprati una cassa di vino. Non ti aiuterà con gli esami e non è sicuramente una medicina adatta a combattere ansia o stress, però è buono e fa bene allo spirito! Quindi daje, stappati un Colli di Luni!

Tornando a noi…

L’idea del “termine ombrello”

l’ho presa in prestito (ingiustamente) da un manuale di Umberto Eco. Il celebre professore definiva così alcuni termini utilizzati in semiotica che, durante gli anni, hanno assunto funzioni multiple rispetto al loro senso iniziale, essendo spesso adoperati per mettersi al riparo da una enorme quantità di situazioni difficilmente spiegabili altrimenti.

Credo che il mondo del vino sia ricco di termini ombrello, parole utilizzate aprioristicamente per semplificare situazioni intricate o poco chiare, per giustificare errori o per scaltrezza, perché, come si sarà capito, se proprio non sai cosa dire puoi sempre ripararti sotto un termine ombrello, a molti sembrerai espertissimo mentre la maggior parte degli “sgamati” glisserà sull’argomento e te la farà passare liscia senza approfondire, almeno quasi sempre.

Attenzione, non voglio dire che questi termini abbiano perso completamente funzione o significato, ma che spesso vengano utilizzati un po’ alla buona, come parole salva tutto votate più che a una descrizione, alla mera vendita o alla giustificazione.

Il re di tutti i termini ombrello è sicuramente “terroir”

Questo termine, di origine francese,  sta a indicare un insieme di fattori in interazione tra loro che influenzano le caratteristiche del vino: ambiente pedoclimatico, terreno, vitigno e portinnesto e fattore umano.

Non è difficile immaginare l’ampiezza di problematiche che può giustificare un termine del genere: si pensi all’uva massaretta (o barsaglina), famosa al confine tra Toscana e Liguria per dare vini con odori sgradevoli, salvo scoprire che la colpa era delle cantine sporche e della poca cura durante le fasi di fermentazione e macerazione, molto delicate per quest’uva. Oppure quando si parla di terroir marittimo per i vini con un’alta sapidità, come se l’uva prendesse il sale dal mare o dalla brezza marina. 

Altro termine ombrello è “minerale”

se un’uva nasce su un terreno vulcanico il vino è minerale; vini di costa? Minerali! È un riesling? …Beh, super minerale! Il marketing del vino ha puntato molto sulla mineralità, creandone una sorta di moda vuota di contenuti, ma tutti vogliono i vini minerali, e se proprio non si riesce a percepire alcun odore, perlomeno il vino sarà minerale!

Questo descrittore è reale, non c’è dubbio, ma impropriamente legato alla vicinanza del mare o a terreni particolarmente ricchi di minerali, contrariamente diverse ricerche scientifiche hanno smentito questa possibilità interrogandosi sulle reali origini della mineralità.

“Naturale”

come se gli altri vini fossero artificiali. Chiariamoci, trovo molti vini naturali meravigliosi ma sono in difficoltà a tollerare ogni genere di difetto in onore di una “naturalezza” del prodotto. Personalmente posso anche accettare dei profumi non troppo puliti (non puzze) ma il sapore deve essere buono! Non parliamo poi di questo argomento dal punto di vista semantico altrimenti rischiamo di dilungarci troppo, tuttavia, per approfondire il discorso, questo è il link giusto!

“Autoctono”

con questo termine si indicano le uve originarie di un determinato luogo. Ad  esempio: il pinot noir è autoctono della Borgogna, il sangiovese della Toscana e il nero d’Avola della Sicilia. Salvo poi scoprire, grazie a molte ricerche agronomiche e geografiche, che la maggior parte dei vitigni provengono dalla Grecia, dall’Asia e da altre regioni. Allora definiamo autoctone le uve storicamente coltivate in una data zona, cosi che il vermentino è autoctono della Sardegna, della Liguria e della Toscana, e la favorita (che è vermentino) è autoctona del Piemonte.

“Di qualità”

di che qualità? Alta, bassa, mediocre, eccellente, impareggiabile? Dire che un vino è di qualità senza l’aiuto di un aggettivo che la qualifichi non ha nessun senso ed è una banalità terrificante, abbiamo tanti aggettivi da scegliere, usiamoli!

I termini da spulciare sarebbero ancora molti, come tradizionale, familiare, ancestrale, brettato, vinoso, rappresentativo eccetera, eccetera.

Spesso usati per giustificare situazioni in contrapposizione o semplicemente come riparo per chi ha carenza di parole o descrittori nel raccontare un vino, questi termini altisonanti devono sempre far scattare un campanello di allarme nel consumatore: cosa  stanno cercando di raccontarmi?

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