Ma il Vermentino Nero?

Gennaio 31, 2020

Il Vermentino Nero

è un vitigno autoctono del territorio Apuano dalle origini decisamente oscure. 

È stato salvato dall’estinzione tra gli anni ’80 e ’90 da alcuni viticultori della zona. Un contributo decisivo per la sua salvaguardia arrivò da Pierpaolo Lorieri che ha dedicato tanti anni e molte energie allo studio e alla selezione del Vermentino Nero nel suo Podere Scurtarola. Proprio grazie a questi studi si è arrivati a capire che questo vitigno non ha nessun sinonimo ed è presente soltanto nei territori del Candia dei Colli Apuani, in Lunigiana e sui Colli di Luni.

Inoltre si è capito che il Vermentino Nero non ha alcuna parentela genetica con il più famoso Vermentino Bianco e il nome, probabilmente, è dovuto alla somiglianza della foglia dei due vitigni.

Insomma, una rara “chicca enologica” del panorama ampelografico nazionale (e soprattutto locale) che, attualmente, è ancora poco valorizzata. 

Questo è dovuto al fatto che per sua natura presenta delle difficoltà, sia per quel che riguarda la  gestione in vigneto a causa della tendenza a dare produzioni abbondanti, che ai suoi acini mediamente grossi  dalla polpa consistente e incolore (quasi più simili a un’uva da tavola che da vino) che si traducono in vini dal colore molto delicato con una bassa forza tannica.

Il maggior punto di forza

è una decisa acidità che rende i vini a base di Vermentino Nero freschi e beverini, oltre a rappresentare (secondo qualche produttore) una buona spalla per l’invecchiamento.

Attualmente  le zone in cui  il Vermentino Nero è maggiormente coltivato sono quelle del Candia dei Colli Apuani, della Lunigiana e dei Colli di Luni. Seppur questi territori siano molto vicini tra loro ci sono importantissime differenze sia a livello microclimatico che geologico e il vermentino nero sembra essere molto sensibile a queste caratteristiche territoriali.

Nel Candia dei Colli Apuani

ad esempio, i terreni sono molto poveri, composti principalmente da arenarie e scisti rossi. In queste condizioni il vitigno, che si trova in un ambiente abbastanza stressante, dà il meglio di sé restando più contenuto nella vigoria e, quando allevato con alte densità di impianto, l’uva riesce ad avere una concentrazione polifenolica maggiore rispetto ai due territori sopra nominati. Infatti i vini a base di Vermentino Nero della zona del Candia si distinguono per una struttura maggiore (seppur i tannini siano sempre molto delicati) che ha spinto alcuni viticoltori a produrre delle espressioni anche vinificate o affinate in legno che ambiscono ad avere una longevità importante. Un altro punto importante riguarda la maturità delle uve. Alcuni produttori della zona, infatti, forti della grande acidità di questo vitigno, spingono le maturazioni ben oltre la fine di Settembre arrivando a raccogliere l’uva verso la fine di Ottobre, allo scopo di portare in cantina un’uva più ricca di zuccheri e di tannini che, tuttavia, continua ad avere un ottimo livello di acidità. Lavorando in questo modo si ottengono dei Vermentino Nero più strutturati e di grande longevità, come il Vernero di Pierpaolo Lorieri che, solitamente, esce in commercio solo dopo diversi anni di affinamento (attualmente è in commercio è la 2011) a seconda dell’annata.

Nei Colli di Luni

il discorso è diverso, nonostante i terreni siano decisamente più ricchi di argilla, tradizionalmente il Vermentino Nero viene vivificato premiando le sue caratteristiche fresche e fruttate, con fermentazioni in acciaio e brevi macerazioni di 4 – 5 giorni, ottenendo dei vini semplici dai tannini appena pronunciati che si prestano a essere bevuti freschi (intorno ai 14°C) anche in abbinamento a piatti a base di pesce, come il Fugastro Rosso dell’azienda agricola La Maestà o il Vermentino Nero di Podere Lavandaro.   

Una caratteristica molto interessante di quest’uva che prescinde dalla filosofia di vinificazione, è la spiccata tendenza ad esprimersi in vini eleganti caratterizzati da colori non troppo intensi ma di bellissima lucentezza, da profumi croccanti di piccoli frutti scuri e note lievemente pepate e carnose. Il gusto è ricco di freschezza, leggermente piccante e il tannino, per quanto esile, è fondamentale nell’accompagnare tutte le percezioni fruttate su un finale più o meno lungo a seconda dell’interpretazione del produttore, ma sempre estremamente fine ed elegante.

Sotto molti punti di vista si potrebbe azzardare ad un parallelismo con uve come schiava e marzemino

col quale condivide le caratteristiche di delicatezza tannica e succosità fruttata, sebbene nel gusto e nel profumo questi vitigni siano felicemente e tipicamente ben distinti.

Altra idea

che inizia a stuzzicare qualche produttore è quella di utilizzare quest’uva per la produzione di vini rosati ricchi di profumi e sfumature fruttate, sfruttando al massimo la bella acidità che contraddistingue il Vermentino Nero, magari anticipando un po’ la vendemmia delle uve. 

Non resta che augurarsi che in futuro si vada verso una maggior valorizzazione di questo vitigno che potrebbe costituire un interessantissimo punto di slancio e differenziazione per queste piccole realtà vitivinicole, magari provando ad utilizzarlo anche in un uvaggio con altre uve autoctone come la massaretta che, proprio in virtù della sua potenza tannica, può rappresentare un grande alleato per un vino dalle caratteristiche iperlocali che possa ambire ad affinamenti più spinti e ad una maggior longevità.

 

 

Per un maggior approfondimento sulle caratteristiche ampelografiche e fenologiche del Vermentino Nero consulta qui il Registro Nazionale delle Varietà di Vite

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